Sono un tipo coi capelli lunghi
Sono irsuto mezzogiorno e sera,
capelli che sono uno spavento.
Sono irsuto in alto e in basso
Non chiedermi perché – non lo so,
non è per mancanza di pane
come i Grateful Dead.
Tesoro
Dammi una testa con capelli,
lunghi meravigliosi capelli,
scintillanti, abbaglianti, ondeggianti
biondi crescenti come la luna.
Dammi capelli,
lunghi sono alle spalle o più lunghi,
lunghi come Dio può farli crescere.
Ondeggiarli,
falli vedere,
capelli capelli
capelli capelli capelli
capelli capelli capelli,
ondeggiarli,
falli vedere
lunghi come Dio può farli crescere,
i miei capelli.
Lasciali volare nella brezza
E lasciati catturare dagli alberi,
dai una casa alle mosche
nei miei capelli.
Una casa per le mosche,
un alveare per le api,
un nido per gli uccelli,
non ci sono parole
per la bellezza e lo splendore dei miei
capelli capelli
capelli capelli capelli
capelli capelli capelli.
Li voglio dritti,
coi riccioli, increspati, fastidiosi,
incolti infestati dai topi,
oleosi, unti, lanosi,
scintillanti, abbaglianti, ondeggianti,
biondi, crescenti come al luna,
annodati, a pois,
attorcigliati, intrecciati, imperlati,
impolverati, fioriti, pieni di coriandoli,
inanellati, arruffati, ornati di lustrini,
a forma di spaghetti.
Dimmi che puoi vedere i miei occhi,
se puoi,
i miei capelli sono troppo corti.
Giù sino qua,
giù sino là giù,
sino a dove non si fermano da soli,
mi devono vedere vestito
con la mia toga fatta di biondi,
imbrillantinati,
biblici capelli,
come li portava Gesù
alleluia li adoro…
Nel caso non l’aveste capito, queste sono le parole della canzone “Hair”, dall’omonimo musical, che imperversò nel mondo dal ’68. una canzone che la dice lunga, più di qualsiasi saggio, sul ruolo avuto dai capelli negli anni ’60. Altro che moda, fattori estetici, futilità… c’era qualcosa di molto più profondo, le attenzioni di cui venivano circondati erano strabilianti, anche se non venivano affidati alle cure di un couffeur, né lavati o pettinati molto spesso. Nessuna altra parte del corpo può vantare un decennio a lei dedicato.
Matteo Guarnaccia
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